il viaggio

Il viaggio

Ciao papà, ti scrivo perché mi ero ripromesso che nel caso avessi avuto dei problemi o delle novità ti avrei reso partecipe.

E’ strano scriverti dopo tanto tempo, dopo tutto quello che è successo. Saranno passati anni dall’ultima mia lettera a cui ancora non hai risposto. Ci sono delle novità.

So di dover andare, partire senza sapere la meta. Ormai si sanno troppe cose e mi manca quella voglia sfrenata di ricercare e di scoprire senza che nulla mi sia già dato. Sento che rimanendo qui non saprei cosa fare. Ogni lavoro che potrei svolgere, una macchina o un robot per meglio dire, lo saprebbe fare meglio di me. E’ più efficiente, non si annoia e non controbatte. In pratica è lo schiavo perfetto che non sa di esserlo.

L’unica cosa che posso ancora fare è viaggiare, certo lui con il GPS può andare dove vuole ma non scoprirà mai il brivido di quando, ad esempio, non ritrovi più la direzione del sentiero e magari sei da solo, in montagna e il maltempo si avvicina.

Vorrei viaggiare per scoprire mille altri luoghi diversi da casa mia. Distaccarmi da quelle che sono le mie origini, non parlare più la mia lingua, l’italiano. Perché tanto, in giro per il mondo ognuno di noi comunica in un  modo diverso e non importa di quale nazionalità tu sia, in qualche modo riuscirai sempre a farti capire..

L’altro giorno riflettevo su quante città o paesini ci siano nel mondo. Ho provato a contarli ma quando ho finito le dita delle mani ho pensato che stavo solo perdendo tempo. Perché per stare qui seduto a contarle con le mani, avrei potuto mettere un cambio di mutande nello zaino e partire, così oltre a contarli lì avrei a che visti uno per uno.

Non sarebbe male…

Viaggiare alla scoperta di paesi che nemmeno sai che esistono, come mettersi a cercare una parola nel dizionario che credi non esista. Ad un certo punto ti senti scoraggiato perché vorresti trovarla subito senza stare lì a doverla cercare, poi ti accorgi che solo aspettando e sfogliando anche mille volte il dizionario riuscirai finalmente a trovare la parola.

In definitiva, non so dove andrò ma so per certo che non è un addio. Quando sarò in giro per il mondo, seduto intorno al falò insieme a tribù indigene, mi mancheranno la mia famiglia, le mie radici e tutti i miei amici e perciò un bel giorno, una volta che mi sarò annoiato di parlare qualsiasi altra lingua meno che l’italiano, tornerò.

Fino a quel momento, arrivederci…

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  1. Il viaggio

    Per il ragazzo, amante delle mappe e delle stampe,
    l’universo è pari al suo smisurato appetito.
    Com’è grande il mondo al lume delle lampade!
    Com’è piccolo il mondo agli occhi del ricordo!

    Un mattino partiamo, il cervello in fiamme,
    il cuore gonfio di rancori e desideri amari,
    e andiamo, al ritmo delle onde, cullando
    il nostro infinito sull’infinito dei mari:

    c’è chi è lieto di fuggire una patria infame;
    altri, l’orrore dei propri natali, e alcuni,
    astrologhi annegati negli occhi d’una donna,
    la Circe tirannica dai subdoli profumi.

    Per non esser mutati in bestie, s’inebriano
    di spazio e luce e di cieli ardenti come braci;
    il gelo che li morde, i soli che li abbronzano,
    cancellano lentamente la traccia dei baci.

    Ma i veri viaggiatori partono per partire;
    cuori leggeri, s’allontanano come palloni,
    al loro destino mai cercano di sfuggire,
    e, senza sapere perchè, sempre dicono: Andiamo!

    I loro desideri hanno la forma delle nuvole,
    e, come un coscritto sogna il cannone,
    sognano voluttà vaste, ignote, mutevoli
    di cui lo spirito umano non conosce il nome!

    II

    Imitiamo, orrore! nei salti e nella danza
    la palla e la trottola; la Curiosità, Angelo
    crudele che fa ruotare gli astri con la sferza,
    anche nel sonno ci ossessiona e ci voltola.

    Destino singolare in cui la meta si sposta;
    se non è in alcun luogo, può essere dappertutto;
    l’Uomo, la cui speranza non è mai esausta,
    per potersi riposare corre come un matto!

    L’anima è un veliero che cerca la sua Icaria;
    una voce sul ponte: «Occhio! Fa’ attenzione!»
    Dalla coffa un’altra voce, ardente e visionaria:
    «Amore… gioia… gloria!» È uno scoglio, maledizione!

    Ogni isolotto avvistato dall’uomo di vedetta
    è un Eldorado promesso dal Destino;
    ma la Fantasia, che un’orgia subito s’aspetta,
    non trova che un frangente alla luce del mattino.

    Povero innamorato di terre chimeriche!
    Bisognerà incatenarti e buttarti a mare,
    marinaio ubriaco, scopritore d’Americhe
    il cui miraggio fa l’abisso più amaro?

    Così il vecchio vagabondo cammina nel fango
    sognando paradisi sfavillanti col naso in aria;
    il suo sguardo stregato scopre una Capua
    ovunque una candela illumini una topaia.

    III

    Strabilianti viaggiatori! Quali nobili storie
    leggiamo nei vostri occhi profondi come il mare!
    Mostrateci gli scrigni delle vostre ricche memorie,
    quei magnifici gioielli fatti di stelle e di etere.

    Vogliamo navigare senza vapore e senza vele!
    Per distrarci dal tedio delle nostre prigioni,
    fate scorrere sui nostri spiriti, tesi come tele,
    i vostri ricordi incorniciati d’orizzonti.

    Diteci, che avete visto?

    IV

    «Abbiamo visto astri
    e flutti; abbiamo visto anche distese di sabbia;
    e malgrado sorprese e improvvisi disastri,
    molte volte ci siamo annoiati, come qui.

    La gloria del sole sopra il violaceo mare,
    la gloria delle città nel sole morente,
    accendevano nei nostri cuori un inquieto ardore
    di tuffarci in un cielo dal riflesso seducente.

    Le più ricche città, i più vasti paesaggi,
    non possedevano mai gl’incanti misteriosi
    di quelli che il caso creava con le nuvole.
    E sempre il desiderio ci rendeva pensosi!

    – Il godimento dà al desiderio più forza.
    Desiderio, vecchio albero che il piacere concima,
    mentre s’ingrossa e s’indurisce la tua scorza,
    verso il sole si tendono i rami della tua cima!

    Crescerai sempre, grande albero più vivace
    del cipresso? – Eppure con scrupolo abbiamo
    raccolto qualche schizzo per l’album vorace
    di chi adora tutto ciò che vien da lontano!

    Abbiamo salutato idoli dal volto proboscidato;
    troni tempestati di gemme luminose;
    palazzi cesellati il cui splendore fatato
    sarebbe per i vostri cresi un sogno rovinoso;

    costumi che per gli occhi son un’ebbrezza;
    donne che hanno dipinte le unghie e i denti,
    e giocolieri esperti che il serpente accarezza.»

    V

    E poi, e poi ancora?

    VI

    «O infantili menti!
    Per non dimenticare la cosa principale,
    abbiam visto ovunque, senza averlo cercato,
    dall’alto fino al basso della scala fatale,
    il noioso spettacolo dell’eterno peccato;

    la donna, schiava vile, superba e stupida,
    s’ama senza disgusto e s’adora senza vergogna;
    l’uomo, tiranno ingordo, duro, lascivo e cupido,
    si fa schiavo della schiava, rigagnolo di fogna;

    il martire che geme, il carnefice contento;
    il popolo innamorato della brutale frusta;
    il sangue che dà alla festa aroma e condimento,
    il veleno del potere che snerva il despota;

    tante religioni che alla nostra somigliano,
    tutte che scalano il Cielo; la Santità,
    come un uomo fine su un letto di piume,
    fra i chiodi e il crine cerca la voluttà;

    l’Umanità ciarlona, ebbra del suo genio,
    e delirante, adesso come in passato,
    nella sua furibonda agonia urla a Dio:
    «Mio simile, mio padrone, io ti maledico!»

    E i meno stolti, della Demenza arditi accoliti,
    in fuga dal grande gregge recinto dal Destino,
    per trovare rifugio nell’oppio senza limiti

    VII

    Dai viaggi che amara conoscenza si ricava!
    Il mondo monotono e meschino ci mostra,
    ieri e oggi, domani e sempre, l’immagine nostra:
    un’oasi d’orrore in un deserto di noia!

    Partire? restare? Se puoi restare, resta;
    parti, se devi. C’è chi corre, e chi si rintana
    per ingannare quel nemico che vigila funesto,
    il Tempo! Qualcuno, ahimè! corre senza sosta,

    come l’Ebreo errante e come l’apostolo,
    al quale non basta treno o naviglio,
    per fuggire l’infame reziario; e chi invece
    sa ucciderlo senza uscire dal nascondiglio.

    Infine quando ci metterà il piede sulla schiena,
    potremo sperare e urlare: Avanti!
    E come quando partivamo per la Cina,
    gli occhi fissi al largo e i capelli al vento,

    così c’imbarcheremo sul mare delle Tenebre
    col cuore del giovane che è felice di viaggiare.
    Di quelle voci ascoltate il canto funebre
    e seducente: «Di qui! Voi che volete assaporare

    il Loto profumato! è qui che si vendemmiano
    i frutti prodigiosi che il vostro cuore brama;
    venite a inebriarvi della dolcezza strana
    di questo pomeriggio che non avrà mai fine!»

    Dal tono familiare riconosciamo lo spettro;
    laggiù i nostri Piladi ci tendon le braccia.
    «Per rinfrescarti il cuore naviga verso la tua Elettra!»
    dice quella cui un tempo baciavamo le ginocchia.

    VIII

    “O Morte, vecchio capitano, è tempo!
    Sù l’ancora!
    Ci tedia questa terra, o Morte!
    Verso l’alto, a piene vele!
    Se nero come inchiostro
    è il mare e il cielo,
    sono colmi di raggi
    i nostri cuori, e tu lo sai!
    Su, versaci il veleno
    perché ci riconforti!
    E tanto brucia nel cervello
    il suo fuoco,
    che vogliamo tuffarci nell’abisso
    Inferno o Cielo cosa importa ?
    discendere l’Ignoto nel trovarvi
    nel fondo alfine il nuovo.

    C. Baudelaire

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